martedì 18 febbraio 2014

Loriano Macchiavelli e Francesco Guccini, Tango e gli altri




LORIANO MACCHIAVELLI, FRANCESCO GUCCINI
TANGO E GLI ALTRI
MONDADORI, 2008
10.00 EURO, 338 p


Con "Tango e gli alti" si arricchisce la collaborazione tra Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli. E con loro torna il maresciallo Benedetto Santovito, tanto caro al due bolognese. Ma questa volta, sullo sfondo appenninico, troviamo una storia raccontata in due piani narrativi differenti, il 1960 (il presente del Maresciallo) e il 1944.

Nel 1944 il partigiano Bob è accusato di aver sterminato la famiglia di un fascista il patriarca, per questo, dopo un processo sommario fatto dai suoi commilitoni della brigata Garibalid, viene giustiziato. Ma  qualcosa non torna e viene spedito sugli Appennini Benedetto Santovito, reduce della Russia e anche lui partigiano della brigata Giustizia e Libertà, ma soprattutto ex maresciallo dei carabinieri e quindi l’uomo più adatto a far luce sull’accaduto.

Ma siamo agli ultimi mesi di guerra e il precipitarsi degli eventi fa fermare un’indagine appena iniziata.

Nel 1960 una lettera riporta Santovito a quegli eventi e decide di finire quell’indagine mai conclusa, ripercorrendo i vecchi luoghi e incontrando i vecchi compagni, scoprendo quanto il tempo abbia cambiato tutto.

È un giallo in piena regola, una trama articolata e costruita magistralmente con continui intrecci tra il passato ed il presente dove ad ogni capitolo il maresciallo ed il lettore scoprono un nuovo indizio che li avvicina piano piano alla verità, con in sottofondo la moralità partigiana e l’idea di combattere una guerra giusta contro il nazifascismo che si intreccia con la quotidianità della vita di un piccolo paese dell’Appennino.

martedì 4 febbraio 2014

Robert Ludlum, Un nome senza volto


 
 
 
 
ROBERT LUDLUM
UN NOME SENZA VOLTO
BUR, 2003
8.90 EURO, 496 p.
 
 
 
Quello della perdita della memoria è un tema ricorrente nei libri gialli, spesso utilizzato per consentire al protagonista di cercare, alle volte dentro di se, altre intorno a se, chi fosse e cosa avesse fatto nella sua vita precedente, scoprendo il più delle volte che la vita di prima era sicuramente peggio dell’attuale, e soprattutto facendo immedesimare il lettore nel protagonista in modo tale da solidarizzare con lui e voler sapere la verità sul personaggio.                
Robert Ludlum ha usato questo espediente per creare un personaggio sublime come Jason Buorne, apparso per la prima volta in “Un nome senza volto” nel 1980 (il titolo originare è The Bourne identity che darà il titolo al primo film della serie).

Il libro si apre con un uomo salvato nel Mediterraneo privo di memoria. Viene curato in un’isoletta vicino a Marsiglia da un medico inglese molto più propenso all’abuso di alcol che alla sua professione, ma si rende subito conto di avere delle doti particolari e non solo, il suo viso è segnato da piccole cicatrici di chirurgia plastica fatta presumibilmente per cambiare aspetto. Dopo una lunga convalescenza (che forse prende troppo spazio nel libro), e dopo aver trovato un microfilm chirurgicamente inserito sotto la pelle, l’uomo decide che deve iniziare a ricercare la sua identità, soprattutto perché sente di impazzire. Così parte dall’isoletta verso Zurigo, l’unico indizio in suo possesso è un conto numerato di una banca svizzera che era nel microfilm.

In banca avrà alcune risposte (scopre di chiamarsi Jason Buorn e di avere una discreta somma da parte), ma li si metterà in moto un meccanismo infernale. Mentre Buorn è alla ricerca della sua identità parte una caccia all’uomo dove lui diventerà la preda. L’unica persona che lo aiuterà è una economista canadese, rapita dallo stesso Buorne ma che nel corso del racconto inizierà a cambiare idea sull’uomo che non ha memoria.

Personaggi ben costruiti, spionaggio e cospirazioni, colpi di scena e il passato raccontato a piccole dosi, sono gli ingredienti di questa spy story scritta magistralmente che alterna momenti di forte tensioni con lunghe pagine riflessive (forse anche qui troppe se si possono fare degli appunti a Ludlum).

Il finale è quello che non ti aspetti, anche se cominci piano piano a intuire la verità.

martedì 28 gennaio 2014

UNKNOWN - SENZA IDENTITÀ

Jaume Collet-Serra, regista e produttore spagnolo, porta al cinema il romanzo dello scrittore francese Didier Van Cauwelaert ”Fuori di me dello”. Un thriller adrenalinico dove la memoria è la protagonista principale.

Il Dr. Martin Harris (un fantastico Liam Neeson) arriva a Berlino per partecipare ad un congresso dove si dovrebbe annunciare una importante scoperta scientifica, quando rimane vittima di un terribile incidente stradale. Si risveglia dal coma dopo alcuni giorni e scopre che la sua identità gli è stata sottratta e che sua moglie non lo riconosce più, sostenendo di non averlo mai visto. Confuso e inseguito da un misterioso killer, Martin Harris inizia a cercare la verità mettendo anche in dubbio la veridicità dei pochi frammenti di ricordi che gli affiorano alla mente. Tutto questo con l'aiuto di Gina, la donna che guidava il taxi dell’incidente.

Un bel film, girato bene, recitato anche meglio, con pochissime sbavature. I personaggi sono intriganti e ben studiati. Per tutto il film non si capisce se la moglie di Harris sia complice o vittima, se voglia aiutare il marito o no. Tutto questo con una leggerissimo profumo di guerra fredda che non stona affatto nel film.

Naturalmente la verità metterà in discussione tutte le piccole certezze che Neeson ha, ma è un finale tutt’altro che scontato.

lunedì 27 gennaio 2014

Marco Malvaldi, Argento vivo



Marco Malvaldi
Argento vivo
Sellerio, 2013
14.00 euro, 288 p.


In Argento Vivo, Marco Malvaldi mette a riposo tutta la squadra del Bar Lume (il barista Massimo e i quattro vecchietti che hanno reso famoso lo scrittore pisano) ma senza distaccarsi da quel sottogenere che vede in lui uno dei migliori scrittori italiani, quello del thriller umoristico.

Come sempre Malvaldi caraterizza molto i personaggi che ruotano intorno alla storia. La trama sembra semplice, viene rapinata la casa di un famoso scrittore e tra le tante cose, viene portato via anche il computer dove c’era anche l’unica copia del suo ultimo romanzo. Sarà intorno a questo furto che ruota tutta la storia e dove ruotano tanti personaggi che si incontreranno nel corso del libro.

Giacomo è lo scrittore famoso derubato ma inizierà a rendersi conto che la sua produzione letterario (compreso il manoscritto perduto) rischiano di essere sempre uguali a se stessi; Leonardo è un informatico (e blogger letterario) che totalmente estraneo alla vicenda, si ritroverà protagonista del racconto: il Gobbo e Gutta sono due spacciatori che la crisi economica li ha portati a diventare ladri d’appartamento, Costantino è un ex dipendente di una ditta di sistemi d’allarma ma che, suo malgrado, sarà costretto a diventare anche lui complice del Gobbo, Stelea è un agente di polizia di origini rumene che mal sopporta il suo capo e che vuole arrivare in fondo a questo caso.

La storia è piacevole e scorrevole e strappa sempre più di una risata, e comunque, per chi apprezza Malvaldi, non si può non leggere.

giovedì 23 gennaio 2014

36 QUAI DES ORFÈVRES

36 quai des orfèvres è la storica sede della polizia francese, quella dove lavorava anche Meigret per intenderci. Il regista e sceneggiatore francese Olivier Marchal porta sul grande schermo una storia cruda, piena di tradimenti, vendette ed arrivismo che accadono al “36”.

Quando Robert Mancini (André Dussollier), capo della polizia, viene promosso a direttore generale, ha il difficile compito di indicare il suo successore. Visto che è uno che non vuole lasciare “merda” sotto i tappetini, decide di lanciare una sfida tra i due suoi sottoposti, Léo Vrinks (Daniel Auteuil) capo dell’Antirapina, e Denis Klein (Gérard Depardieu) capo dell’Antibanditismo. I loro compito sarà quello di arrestare una banda di criminali che sta mettendo in ginocchio Parigi. Chi dei due  riesce ad arrestarla diventerà capo.

Parte tra i due, e le loro squadre, una vera e propria sfida, dove i colpi proibiti e immorali non sono esclusi.

Non è solo un thriller emozionante, pieno di colpi di scena fino all’ultimo fotogramma, è un film che prova a descrivere anche la lotta tra bene e male, e tra due poliziotti che vogliono a tutti i costi diventare i  capi e, per fare questo, sono pronti ad andare contro la propria morale e le proprie convinzioni. Un bellissimo prodotto anche grazie alla splendida sceneggiatura di Marchal, ex poliziotto che dedica il film al capitano Dominique Loiseau morto nell’84 in servizio, che riesce a creare un’atmosfera veramente noir intorno ai protagonisti. Alcune parti della sceneggiatura sono poi riprese dalla sua esperienza di poliziotto, come le circostanze che portarono alla morte lo stesso Loiseau, ucciso mentre era in appostamento.

mercoledì 22 gennaio 2014

Leonardo Sciascia, Una storia semplice




Leonardo Sciscia
Una Storia semplice
Adelphi, 1989
8.00 euro, 66 p.


Leonardo Sciascia nel suo testamento chiede di pubblicare questo piccolo libricino, da considerarsi più un racconto lungo che un romanzo, il giorno della sua morte. E così il 20 novembre del 1989 viene pubblicato "Una storia semplice". Ma il titolo è ingannevole visto che questa è una storia complicatissima, un giallo siciliano, con sfondo di mafia e droga. La storia inizia con una telefonata alla polizia. Al centralino l’uomo dice di chiamarsi Giorgio Roccella e vuole parlare con il questore. Questi, che sta indossando il cappotto, pronto per passare il fine settimana fuori dall’ufficio, fa rispondere al suo brigadiere. Al telefono Roccella da i suoi dati, il luogo in cui si trova e chiede l’intervento della polizia. Il brigadiere è pronto a raggiungere Roccella, ma il questore gli suggerisce di andarci l’indomani anche perché, sostiene, è probabile che si tratti di uno scherzo visto che Roccella è un diplomatico e non viene in Sicilia da tempo.

Ascoltato il consiglio del suo superiore il brigadiere raggiunge il luogo indicato da Roccella, un vecchio casolare abbandonato. Qui trova il corpo di Giorgio. A prima vista sembra un suicidio, con una pistola affianco del cadavere, una vecchia arma tedesca della prima guerra mondiale, e il corpo chino su dei fogli con su scritto “Ho trovato”.

Ma la semplicità di questa storia finisce qui,  poi si apre la complicata ricerca della verità, ma la scoperta dell’assassino (presto si scarta la teoria del suicidio) è solo un elemento di una trama molto più intrecciata dove criminalità organizzata, personaggi equivoci, dipinti spariti si intrecciano.

Solo il brigadiere cerca fino alla fine di trovare la soluzione.

martedì 21 gennaio 2014

DYLAN DOG IL FILM


Forse sarebbe stato più saggio non portare in Italia il film Dylan Dog.
Il personaggio inventato da Tiziano Sclavi da noi è una vera icona, arrivando ad essere il fumetto più venduto subito dietro a Topolino. L’indagatore dell’incubo è invece marginalmente conosciuto in America, presente solo grazie ad alcuni albi tradotti.

La storia di per se è abbastanza semplice, un investigatore privato deve tornare a vestire quelli “dell’investigatore dell’incubo “dopo che un killer sovrannaturale uccide prima un uomo (la figlia prova a chiedere l’aiuto di Dylan ma lui rifiuta) e dopo uccide Markus, il suo assistente di Dog nel film (che tornerà da zombi). Una volta tornato Dylan si trova al centro di una guerra senza quartiere tra vampiri e zombi.
Se non fosse stato scomodato il nome di Dylan Dog forse il film, certo non un capolavoro, si poteva anche guardare. Ma il regista Kevin Munroe ha provato subito a mettere le mani avanti "So di dover fare i conti con una base di fan fedelissimi al Dylan Dog dei fumetti. Dog in Italia è un mito, un’icona. So a cosa sto andando incontro e non mi tiro indietro, ho affrontato i fan anche quando ho girato il film delle Tartarughe Ninja.”

Le differenze tra il personaggio del film e quello dei fumenti è enorme. Alcune cose si possono sinceramente perdonare, altre sono errori gravi di un regista che, o non ha studiato un personaggio non originale oppure è stato abbastanza presuntuoso da volerlo reinventarlo.
Il colore della macchina, il mitico Maggiolone, (nera nel film, bianca nel fumetto), potrebbe non essere un problema, questa la perdoniamo.

Ma il resto…
Già la sceneggiatura sembra molto lontana da quello che è Dylan Dog, nonostante i 300 albi ufficiali oltre decine di speciali e raccolte.
L’indagatore dell’incubo è un antieroe, vegetariano, claustrofobico e non ama la tecnologia. E, soprattutto, vive a Londra. Un personaggio complesso e con tanti tratti distintivi.
Il personaggio di Munroe è palestrato, rimane chiuso in una bara senza troppi problemi. Ma soprattutto, vive a  New Orleans.
E forzata anche la costruzione del personaggio, lo racconta lo stesso Dylan nel corso del film, di essere stato, in passato, l’arbitro nella lotta tra vampiri, zombi e licantropi. Il Dog di Sclavi non si sarebbe abbassato a tanto.

Capiamo l’assenza di Groucho, la famiglia Marx non da i diritti, ma si poteva provare a ricreare lo spirito del personaggio con altre fattezze, invece si è puntato a fare un assistente giovane si stralunato ma senza la simpatia e l’irriverenza di Groucho.
E poi c’è la totale assenza di Bloch, vero padre spirituale di Dog.
In un’intervista Munroe ha spiegato: “bisogna capire che le differenze tra film e fumetto sono inevitabili. Succede sempre: un conto è il personaggio disegnato, un conto è quello che fai vivere nel film. Abbiamo cercato di rimanere fedeli allo spirito del fumetto.”

Be, diciamo che non basta una giacca blu e una camicia rossa per mantenere lo spirito di un personaggio molto complesso.